Descrizione
In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre il 25 novembre di ogni anno, la consigliera Stefania Zucchini intervista l’avvocato penalista Laura Rampioni.
Salcedo (Repubblica Dominicana), 25 novembre 1960
Le sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, oppositrici del regime dittatoriale di Trujillo, sono in auto; vengono bloccate dai Servizi di Informazione Militare, portate in un luogo nascosto e lì stuprate, torturate e infine strangolate, per poi essere gettate in un precipizio con l'auto simulando un incidente. E' nel ricordo di quanto accaduto che l'Assemblea delle Nazioni Unite ha scelto la data del 25 Novembre per la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Ci aiuta a riflettere su questo l'avvocato penalista Laura Rampioni del Foro di Bologna che si occupa di violenza di genere e, in particolar modo, di violenza contro le donne.
• Prima di tutto ci può dare un po' di numeri?
In effetti, se partiamo dai numeri rappresentiamo immediatamente il quadro della situazione che è drammatica.
Basti pensare che, se consideriamo l'anno corrente, in Italia circa ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo, che sia il partner, un familiare o un semplice conoscente.
Fa venire i brividi se si pensa che questa tipologia di omicidio rappresenta la prima causa di uccisione delle donne in un'età compresa tra i 16 c i 44 anni.
Ad ogni buon conto stando all'ultimo aggiornamento del Ministero dell'Interno, nel 2022 in Italia si sono registrati 319 omicidi di cui 125 con vittime di sesso femminile (circa il 39%).
Su 140 episodi avvenuti in un contesto domestico, 103 hanno colpito donne (quasi il 74%).
La percentuale delle donne vittime di maltrattamenti in famiglia o di stalking chiaramente è molto più alta. Io in un anno entro in contatto con circa una trentina di queste donne.
• Questi dati sono però persone vere e reali che si rivolgono a lei, cosa le accomuna?
Non è semplice poterne tracciare un possibile identikit psicologico, tuttavia, la mia esperienza diretta, mi ha portato a pensare che sì, vi sono delle caratteristiche comuni tra le vittime di violenza. Sarebbe più corretto parlare di fattori di vulnerabilità, i principali sono:
1. famiglie d'origine disfunzionali;
2. modelli familiari che riconoscono come normale la sottomissione della donna;
3. l’aver subito umiliazioni sia da parte dei familiari sia da ex partner, per cui la donna si abitua ad essere umiliata e maltrattata sino ad arrivare a pensare di meritare la violenza;
4. la presenza di dipendenze da alcool e droga nella famiglia d’origine;
5. l’aver subito in passato abusi o comunque avervi assistito;
6. scarsa indipendenza economica;
7. scarsa autostima;
8. essere disoccupate;
9. avere problemi di salute o disabilità;
Posso dire, sulla base della mia esperienza, che la maggior parte delle donne che decidono di intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza e che quindi decidono di denunciare è perché hanno paura per sé ma soprattutto, per chi li ha, per i propri figli. Ecco direi che nella maggior parte di casi è proprio questa la molla che spinge la donna a denunciare: la paura.
• Che cosa veicola la violenza sulle donne?
A mio avviso il problema in generale è il retaggio della cultura patriarcale, che ci portiamo dietro, secondo il quale la donna ricopre un ruolo inferiore all’interno della società, in ogni suo ambito. Dall’istruzione al mondo lavorativo, dalle relazioni di coppia al lavoro di cura familiare.
Alla base c’è quel sentire comune che non prevede l’emancipazione della donna dai ruoli che le sono stati dedicati per anni e che quindi, in caso di ribellione, legittima una punizione.
• Da dove può iniziare il cambiamento, quali potrebbero essere le soluzioni per arginare il fenomeno?
Ritengo proprio che la parola giusta sia il cambiamento.
Va smussato il sentire comune, bisogna lavorare sull’uomo, sull’essere umano, del resto questo è proprio un problema degli uomini non delle donne.
Io ritengo che andrebbe inserito in educazione civica nelle scuole un insegnamento preciso: quello alla gentilezza. Insomma solo un’operazione culturale andrebbe a ridurre tali reati.
Non c’è legge che tenga, anche se ritengo personalmente che andrebbe modificata l’applicazione delle misure pre cautelari in relazione a tali reati.
Andrebbero potenziati anche i centri antiviolenza, la Regione Emilia Romagna è ben piazzata ma si potrebbe fare di più soprattutto a livello di iniziative; bisogna sensibilizzare al massimo sul fenomeno della violenza contro le donne non solo il 25 novembre ma tutto l’anno.
"Grazie infinite per averci fornito preziosi spunti di riflessione e uno spaccato sulla realtà che lei ogni giorno tocca con mano". (Stefania Zucchini)
L'intervista è stata pubblicata anche sul notiziario comunale Prometeo di dicembre 2023.
Salcedo (Repubblica Dominicana), 25 novembre 1960
Le sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, oppositrici del regime dittatoriale di Trujillo, sono in auto; vengono bloccate dai Servizi di Informazione Militare, portate in un luogo nascosto e lì stuprate, torturate e infine strangolate, per poi essere gettate in un precipizio con l'auto simulando un incidente. E' nel ricordo di quanto accaduto che l'Assemblea delle Nazioni Unite ha scelto la data del 25 Novembre per la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Ci aiuta a riflettere su questo l'avvocato penalista Laura Rampioni del Foro di Bologna che si occupa di violenza di genere e, in particolar modo, di violenza contro le donne.
• Prima di tutto ci può dare un po' di numeri?
In effetti, se partiamo dai numeri rappresentiamo immediatamente il quadro della situazione che è drammatica.
Basti pensare che, se consideriamo l'anno corrente, in Italia circa ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo, che sia il partner, un familiare o un semplice conoscente.
Fa venire i brividi se si pensa che questa tipologia di omicidio rappresenta la prima causa di uccisione delle donne in un'età compresa tra i 16 c i 44 anni.
Ad ogni buon conto stando all'ultimo aggiornamento del Ministero dell'Interno, nel 2022 in Italia si sono registrati 319 omicidi di cui 125 con vittime di sesso femminile (circa il 39%).
Su 140 episodi avvenuti in un contesto domestico, 103 hanno colpito donne (quasi il 74%).
La percentuale delle donne vittime di maltrattamenti in famiglia o di stalking chiaramente è molto più alta. Io in un anno entro in contatto con circa una trentina di queste donne.
• Questi dati sono però persone vere e reali che si rivolgono a lei, cosa le accomuna?
Non è semplice poterne tracciare un possibile identikit psicologico, tuttavia, la mia esperienza diretta, mi ha portato a pensare che sì, vi sono delle caratteristiche comuni tra le vittime di violenza. Sarebbe più corretto parlare di fattori di vulnerabilità, i principali sono:
1. famiglie d'origine disfunzionali;
2. modelli familiari che riconoscono come normale la sottomissione della donna;
3. l’aver subito umiliazioni sia da parte dei familiari sia da ex partner, per cui la donna si abitua ad essere umiliata e maltrattata sino ad arrivare a pensare di meritare la violenza;
4. la presenza di dipendenze da alcool e droga nella famiglia d’origine;
5. l’aver subito in passato abusi o comunque avervi assistito;
6. scarsa indipendenza economica;
7. scarsa autostima;
8. essere disoccupate;
9. avere problemi di salute o disabilità;
Posso dire, sulla base della mia esperienza, che la maggior parte delle donne che decidono di intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza e che quindi decidono di denunciare è perché hanno paura per sé ma soprattutto, per chi li ha, per i propri figli. Ecco direi che nella maggior parte di casi è proprio questa la molla che spinge la donna a denunciare: la paura.
• Che cosa veicola la violenza sulle donne?
A mio avviso il problema in generale è il retaggio della cultura patriarcale, che ci portiamo dietro, secondo il quale la donna ricopre un ruolo inferiore all’interno della società, in ogni suo ambito. Dall’istruzione al mondo lavorativo, dalle relazioni di coppia al lavoro di cura familiare.
Alla base c’è quel sentire comune che non prevede l’emancipazione della donna dai ruoli che le sono stati dedicati per anni e che quindi, in caso di ribellione, legittima una punizione.
• Da dove può iniziare il cambiamento, quali potrebbero essere le soluzioni per arginare il fenomeno?
Ritengo proprio che la parola giusta sia il cambiamento.
Va smussato il sentire comune, bisogna lavorare sull’uomo, sull’essere umano, del resto questo è proprio un problema degli uomini non delle donne.
Io ritengo che andrebbe inserito in educazione civica nelle scuole un insegnamento preciso: quello alla gentilezza. Insomma solo un’operazione culturale andrebbe a ridurre tali reati.
Non c’è legge che tenga, anche se ritengo personalmente che andrebbe modificata l’applicazione delle misure pre cautelari in relazione a tali reati.
Andrebbero potenziati anche i centri antiviolenza, la Regione Emilia Romagna è ben piazzata ma si potrebbe fare di più soprattutto a livello di iniziative; bisogna sensibilizzare al massimo sul fenomeno della violenza contro le donne non solo il 25 novembre ma tutto l’anno.
"Grazie infinite per averci fornito preziosi spunti di riflessione e uno spaccato sulla realtà che lei ogni giorno tocca con mano". (Stefania Zucchini)
L'intervista è stata pubblicata anche sul notiziario comunale Prometeo di dicembre 2023.
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Ultimo aggiornamento pagina: 07/12/2023 11:27:05